Se in questo periodo guardare un film a tema a Halloween è quasi scontato, non lo è però fare attenzione alle tecniche (filmiche) da spavento con cui è stato realizzato. Sarà deformazione professionale, ma quando vedo tutto quel sangue finto, i fantasmi semi trasparenti o i mostri usciti direttamente dalle menti più creative del nostro tempo, mi chiedo sempre come vengano realizzati. E sì, sono un’appassionata del genere horror, se ve lo state chiedendo.
Ecco perché oggi voglio consigliarvi alcuni film, più o meno spaventosi, da guardare nella notte delle streghe. Ma attenzione: ognuno di questi è realizzato con una tecnica diversa, che per le sue caratteristiche può rendere la storia più inquietante, più eccentrica (avete presente Beetle Juice? No? Allora correte a guardarlo!) o addirittura più comica.
Quindi mettetevi comodi, perché tra animazione tradizionale, animazione 3D e stop motion ci sarà da morire di paura.
#1 Cel Animation
L’animazione tradizionale è quella che ha dato inizio a tutto: ogni singolo frame veniva disegnato su un foglio di celluloide e successivamente venivano messi in sequenza per generare il movimento. Questo tipo di animazione richiedeva una manualità di altissimo livello di cui Disney è stato pioniere.
Perciò la nostra lista non può che iniziare con La danza degli scheletri, corto animato del 1929 ambientato in uno strano cimitero, abitato da animali della notte e scheletri danzanti.
Se fate attenzione potrete notare lo stacco tra un frame e l’altro percependo “una mancanza di movimento” tra le sequenze di immagini. In caso siate davvero curiosi, vi consiglio di approfondire scoprendo a questo link come si facevano i cartoni animati.
#2 Stop Motion
Se la cel animation richiede precisione in mondo bidimensionale, la stop motion (o passo uno), la richiede nel mondo a 3 dimensioni. In questo caso vengono realizzati dei veri e propri set in miniatura all’interno dei quali i personaggi, realizzati con scheletro in metallo e pelle in plastilina, vengono mossi progressivamente e fotografati ad ogni cambio di posizione. Questa tecnica è molto quotata tra i registi con un gusto particolare per l’orrido.
Citare Tim Burton sarebbe troppo facile, perciò ho scelto un film di Henry Selkins, ispirato al classico di Neil Gaiman: Coraline e la porta magica. Il ritmo della narrazione e le luci che riflettono sui corpi inanimati/animati delle “marionette” (quasi fossero davvero degli zombie) contribuiscono a creare un’atmosfera inquietante che cozza con l’aspetto incantevole degli ambienti. Se vuoi più dettagli succosi puoi goderti il Making Of di Coraline e la porta magica (dopo aver visto il film ovviamente 😉 ).
Non fatevi tradire dai colori sgargianti, non è affatto un film per ragazzi.
#3 Animazione digitale 2D
Dagli anni ’90 hanno iniziato a comparire programmi digitali che permettevano di animare i personaggi su uno stesso sfondo bidimensionale senza doverli ridisegnare in ogni frame, ma usando i vettori. In questo modo l’intero processo è diventato più fluido e gli errori più facili da cancellare (un po’ come è successo quando si è passati dallo scrivere i libri con i caratteri mobili al farlo battendo su un programma di elaborazione di testi). Questo passaggio è percepibile anche nel risultato finale, in cui il montaggio risulta decisamente più “smooth”.
Over the garden wall non è un film ma una miniserie animata, adatta anche ai bambini e non noiosa per gli adulti, perfetta per passare l’intera notte di Halloween sotto la coperta con una buona cioccolata calda in mano. Mischia più tecniche di animazione e fa da perfetto ponte tra l’animazione tradizionale e quella del futuro. Un racconto di crescita, intriso di folclore e colori autunnali, con livelli di lettura più o meno profondi, esattamente come lo sono gli sfondi in cui è impossibile non perdersi.
Questo è un semplice esempio di come viene animato un personaggio della serie.
#4 CGI
Quando alla Pixar si sono stufati anche di questo tipo di animazione, quel genio di Ed Catmull, insieme a Robert B. Ingebretsen, ha sviluppato la prima animazione 3D della storia: una mano che si apre e si chiude. È questo il momento che ha dato la svolta al cinema moderno. In un ambiente digitale tridimensionale vengono creati e animati modelli, ricchi di dettagli mai visti. Ora vediamo comparire, ricreati da zero, materiali, luci, forme… nel modo più fotorealistico possibile.
L’impiego di questa tecnica dipende molto dallo stile che si vuole ottenere e non necessariamente un film è realizzato totalmente in CGI; può essere impiegato anche per inserimenti “semplici”, ad esempio modificare lo sfondo di un girato, o più complessi, come l’integrazione di personaggi e altre componenti animate impossibili da girare dal vivo.
Solo grazie a queste tecniche si poteva portare sullo schermo uno dei più disturbanti racconti di Lovecraft, padre del pessimismo cosmico: Il colore venuto dallo spazio. Un tecno-horror denso di tensione e ansie, un trip delirante, in cui l’ignoto si insinua strisciante fino a modificare la realtà.
Tremendamente orrendo e assolutamente solo per stomaci forti (la preview di youtube lo conferma).
Se non vi sentite così impavidi da guardare un film del genere per intero potete scoprire direttamente come sono stati creati gli effetti speciali di questo film orrendamente spettacolare.
Bonus track: il mio guilty pleasure
Se volete la mia personalissima opinione i migliori film dell’orrore restano quelli con meno effetti digitali possibile, al massimo con un bel trucco prostetico, quello che si nota tantissimo. Mi diverte vedere quei film fatti con poco, che restano di nicchia ma in qualche modo diventano cult col tempo.
La lista è lunga ma tra tutti uno dei più divertenti, esagerati e sfacciati di sempre è Dal tramonto all’alba: sceneggiatura di Tarantino, un cast stellare, una sola location piena di vampiri, oggetti di scena improbabili e splatter vecchia scuola.
Dunque quale tecnica credete sia la migliore per godersi un bel film ad Halloween? E qual è il vostro guilty pleasure cinematografico? Mentre aspetto le vostre risposte vado di là a preparare i pop-corn.